Sono di ritorno da un viaggio nelle isole greche, un viaggio lento, zaino in spalla, senza meta ma con direzione.
Credo che il viaggio e la terapia abbiano molto in comune. Entrambi, come luoghi dell’incontro, sono zone di passaggio, eterotopie nella loro funzione di spazi altri in cui sperimentarsi nella costruzione di vie in collegamento con il mondo in cui si vive abitualmente.
I bambini conoscono benissimo questi contro-spazi, queste utopie localizzate. L’angolo remoto del giardino, la soffitta o, meglio ancora, la tenda degli indiani montata al centro della soffitta, e infine – il giovedì pomeriggio – il grande letto dei genitori. È in quel letto che si scopre l’oceano, perché tra le sue coperte si può nuotare; ma quel letto è anche il cielo, perché sulle sue molle ci si può saltare; è il bosco perché ci si può nascondere; è la notte, perché fra le sue lenzuola si diventa fantasmi; ed è il piacere, perché al ritorno dei genitori si verrà puniti.
MICHEL FOUCAULT, Utopie Eterotopie.
Pensando ad alcune delle esperienze vissute, tra quelle più significative per intensità o per frequenza, ho tratto qualche immagine e indicazione che mi paiono utili a orientare la strada verso la salute.