Questo scritto è pubblicato nel numero 9 di Connessioni - nuova serie - La rivista telematica del Centro Milanese di Terapia della Famiglia. Torino Embraces fa parte della collezione Immagine All the People di Pierpaolo Rovero.
All’inizio del 2020, ero impegnata ad organizzare il calendario dei laboratori di Land Art e dintorni, che dall’anno precedente erano diventati una parte consistente del mio lavoro. Quelle che proponevo erano esperienze in cui esplorare la possibilità di fare con quello che c’è e di inventare un modo per dare forma a quello che potrebbe esserci, sperimentando le potenzialità trasformative del quotidiano nei luoghi in cui ci troviamo a stare, dagli ambienti naturali della Land Art, alla scrittura autobiografica intorno ai vestiti, al riuso degli oggetti dismessi. Se tutto questo, con l’avvicinarsi della pandemia, è stato immediatamente messo tra parentesi, in attesa di capire meglio cosa stesse succedendo, il resto della mia attività, il lavoro in studio e quello di formazione e supervisione con équipe dei servizi sociosanitari, è stato improvvisamente caratterizzato da giorni di incontri quasi surreali, con mascherine, guanti, gel, distanziamenti, fino a quando non è stato imposto lo stop generale, che ricordo di aver preso con sollievo. Avevo bisogno di fermarmi un momento, mi sentivo a disagio. Ripensandoci ora, forse mi sentivo come se, ingrassata, continuassi a vestirmi a tutti i costi con gli stessi vestiti che mettevo prima. Dovevamo fare i conti con le nuove misure del contatto, investito di colpo dal contagio, etimologicamente simili, nella dilagante confusione comunicativa, tra distanziamento fisico e distanziamento sociale. Lo volevo a tutti i costi, quel contatto?