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Oltre la resilienza

L’anno che sta volgendo al termine è stato piuttosto complicato. In senso letterale, pieno di pieghe. La pandemia in corso, esplosa con forza all’inizio di questo 2020, si è fatta immediatamente terreno comune di avversità, impegnandoci spesso a tenerci in piedi e a procedere a tentoni tra le piccole e grandi avversità della vita quotidiana che, in queste condizioni, rischiano di farsi più frequenti, più faticose o più gravi.

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Non c’è soluzione?

Marcel Duchamp, Ruota di bicicletta, 1913

Non c’è soluzione perché non c’è alcun problema, diceva Marcel Duchamp. Quando c’è un problema, infatti, c’è anche una soluzione. Anzi tante. Perché i problemi sono imprevisti, complicazioni, pieghe che la vita può assumere, e le soluzioni hanno a che fare con il senso che diamo a quei problemi. Ognuno il proprio, diverso a seconda dei momenti e dei contesti.

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E vedere di nascosto l’effetto che fa

Fotografia di Robert Doisneau

In questi giorni mi ritrovo sempre più spesso a canticchiare “e vedere di nascosto l’effetto che fa”, da Vengo anch’io no tu no di Enzo Jannacci. Oggi, poi, continua a frullarmi per la testa.

Domani qualcosa cambierà. Tutti i giorni qualcosa cambia, certo, e da quando è esplosa questa pandemia mi sembra che i pensieri e i comportamenti scadano come le uova, eppure la giornata di domani esibisce il cambiamento come il titolo sulla targhetta di un’opera esposta in un museo. E così sembra assumere la stessa forza spiazzante di un ready-made di Duchamp, con annessi pareri contrastanti sullo status di opera d’arte. Penso ad esempio all’opera Fontana, l’orinatoio che spostato di contesto e di uso porta con sé un nuovo punto di vista e diventa opera d’arte, e mi viene da usarlo per immaginare lo spiazzamento che apre la targhetta di “Fase 2”.

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