Categorie
Blog

Elogio dell’indulgenza

Opera di Edward Hopper

In questi giorni penso spesso ai quadri di Hopper, a quella dimensione sospesa dell’attesa, a quelle inquadrature così capaci di raccontare storie private e spazi che si estendono al di fuori delle cornici, con immagini che paiono sempre mostrare una parte di un tutto immenso.

Siamo in una situazione paradossale, uniti nel separarci, o separati nel fronteggiare insieme questa emergenza.

Siamo lontani, eppure, quando ci colleghiamo con i nostri strumenti tecnologici e guardiamo dentro le case, ci sembra di essere vicini come mai, in uno spazio intimo in cui difficilmente entreremmo in altre condizioni. Dobbiamo cambiare le nostre abitudini e dobbiamo farlo restando nello spazio che più di tutti ha a che fare con le abitudini, quello in cui i nostri piedi sono radici. Da qui, dove ci sentiamo isolati, stiamo sperimentando quanto siamo interconnessi, quanto ogni piccolo gesto assume significato anche fuori, quanto chiunque sia ora il nostro prossimo. Oscilliamo tra messaggi che dicono che andrà tutto bene e cronache che ci tengono ancorati al presente con il fiato sospeso, tra slanci in avanti e momenti in cui ci sentiamo incapaci di muoverci.

E questa dimensione, di per sé spaesante, viene ulteriormente amplificata dal fatto di essere condizione comune di disorientamento di fronte al nuovo. È comprensibile che non ci si senta pronti, perché normalmente il senso comune, in mezzo agli opposti, espelle ciò che non corrisponde al proprio modo di vedere, ma adesso appare molto più complicato leggere le cose. Così come non serve a niente, ed è tutt’altro che consolatorio, dire a qualcuno di non avere paura, anche convincere a non uscire di casa qualcuno che in casa proprio non ci resiste rischia di apparire una rigidità poco fondata su motivazioni di salute pubblica. E non serve neppure arrabbiarsi con chi, affacciato al balcone, sanziona i podisti, perché così facendo si rischia di entrare nello stesso meccanismo sterile di vicendevoli moralizzazioni.

Insomma, è difficile distinguere tra modi migliori o peggiori di stare in questa faccenda usando i propri sistemi di significato o di valore, perché quelli, in questo momento, non funzionano più, ammesso e non concesso che prima funzionassero veramente. Ma per questi e altri pensieri ci sarà un tempo, non questo.

Questo è il tempo di essere indulgenti, mi pare, quello in cui lasciare andare l’abitudine di sapere sempre cosa fare e come fare, quello in cui cercare il proprio modo di stare, qui e ora, spostando la propria attenzione da ciò che non si può fare a ciò che si può scegliere o inventare per dare il proprio contributo e per trovare il proprio senso. Siamo interconnessi, dicevamo, e questo significa anche che ogni piccolo gesto del singolo assume significato per tutti. E dunque lasciamo a chi è preposto il compito di dire cosa bisogna o non bisogna fare, proviamo a fidarci (e non potremmo fare altrimenti), e chiediamoci cosa possiamo fare noi, dando valore ai nostri gesti. Perché, se penso che sia importante rispettare tutti i modi di stare in questa difficoltà, penso che sia altrettanto importante assumersi la responsabilità di costruire insieme un repertorio di possibilità nuove e alternative in cui provare a stare tutti un po’ più comodi e farci un po’ di compagnia.

spostando la propria attenzione da ciò che non si può fare a ciò che si può scegliere o inventare per dare il proprio contributo e per trovare il proprio senso.

Ogni piccolo gesto conta, non è necessario fare chissà cosa, può anche essere che il nostro contributo sia quello di fermarci un attimo. In questo momento in cui non sappiamo come cambieremo, e nemmeno quando, in bilico tra intanto torneremo come prima fagocitati dal consumo e niente sarà più come prima, in questo momento, abbiamo la possibilità, se ce l’abbiamo, di stare fermi e di usare la differenza tra ciò che era e ciò che non è più come potente fonte di apprendimento. E questa osservazione ci sarà utile poi, non ora, non in questa situazione così complicata, per costruire mappe che serviranno ad orientarci e a esplorare nuovi territori. E ci può essere utile adesso, che ci sentiamo così stretti, per dilatare l’orizzonte delle nostre azioni e prendere un po’ di respiro.

dilatare l’orizzonte delle nostre azioni e prendere un po’ di respiro.

Condividi